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I Longobardi erano una popolazione germanica, alla fine del V secolo, si era stabilita nell’attuale Ungheria. Al tempo della guerra gotica i Longobardi avevano fornito contingenti di mercenari ai Bizantini: per l’appunto coloro che erano riusciti a tornare persuasero i compagni a trasferirsi in Italia, offrendosi come guida. Si trattava, anche questa volta – come al tempo dell’invasione Ostrogota – di una vera e propria migrazione, perché insieme ai combattimenti vi erano donne, vecchi e bambini: un intero popola di 300.000 persone, di cui 100.000 erano atti alle armi. Non è però da credere che essi distruggessero quanto incontravano al loro passaggio: erano decisi, infatti, a stabilirsi nella regione pertanto non avevano alcun interesse a devastarla. Così nell’avanzata, che non fu seria- mente ostacolata né dai Bizantini, né dalla popolazione locale e che fu invece favorita dai Goti rimasti in Italia, i nuovi invasori riuscirono ad invadere non solo i territori di confine, anche tutte le regioni interne della penisola. Le popolazioni bizantine si concentrarono nelle regioni costiere. L’Italia si trovò così divisa, con il tempo presero nome Longobardia e Romania da coloro che le dominavano.

La capitale della Romania, nome rimasto all’odierna Romagna, fu Ravenna; della Longobardia, nome rimasto alla Lombardia, fu Pavia. Roma con il suo territorio apparteneva all’impero bizantino, il Papa vi esercitava una grande autorità.

I Longobardi furono chiamati così per le lunghe barbe portate dagli uomini, o forse per le micidiali alabarde che erano delle antiche armi costituite da una lunga asta di legno e con una punta di ferro.

Nella loro invasione, i Longobardi non risparmiarono i conventi e le basiliche. La chiesa si oppose ai conquistatori. Il papa Gregorio Magno riuscì a far convertire la regina Teodolinda al cristianesimo. Seguendo il suo esempio, molti altri Longobardi si convertirono e i rapporti con le popolazioni italiche migliorarono. La regina Teodolinda, poi, fece costruire il Duomo di Monza.

Il Longobardi erano anche abili orefici e la cosiddetta "Corona ferrea" contiene un chiodo della croce di Cristo. Sotto l’influenza della chiesa e della civiltà romana, il re longobardo Rotari volle dare al suo popolo un codice di legge scritte, noto con il nome di Editto di Rotari. Queste leggi mitigavano la durezza delle usanze barbariche. L’Editto di Rotari eliminò, infatti, la faida, cioè la vendetta privata, e limitò la pena di morte, ai soli delitti politici di tradimento o di ribellione contro lo stato.

I Longobardi tenevano in gran conto la famiglia, il cui capo era il padre.

Nessuno dei Longobardi sapeva leggere e scrivere. Essi non coltivavano, né praticavano il commercio, né si dedicavano all’artigianato, ma si dedicavano all’arte di forgiare asce da guerra, spadoni e mazze. La loro occupazione era la guerra.

I longobardi, come altri popoli barbari, non avevano una precisa idea sullo "stato". Essi erano divisi in tribù chiamate "fare". Eleggevano un re solo quando si doveva condurre un’impresa militare. Il re allora poteva contare sulla collaborazione dei guerrieri più valorosi delle fare, chiamati duchi.

In seguito la carica regale venne mantenuta stabilmente, ma il titolare la esercitava molto poco. In realtà erano i vari duchi che governavano sul territorio.